Sara ed io siamo entrate in contatto in seguito all’articolo che ho pubblicato qualche settimana fa relativo alla fame emotiva, che trovate qui. In un commento sulla mia pagina Facebook, mi ringraziava per aver portato alla luce la relazione tra cibo ed emozioni, spesso sottovalutata ma comune a molte persone in sovrappeso, scrivendo: “…non e’ facile da comprendere per chi non ci e’ passato…si parla tanto di anoressia e di obesità’, ma c’è’ anche quella via di mezzo snervante, odiosa, che uccide l’autostima e i rapporti. Ogni tanto vorremmo solo sparire per non sentirci più’ a disagio…” Le sue parole mi hanno colpito a tal punto da chiederle se fosse d’accordo a rilasciare una sorta di intervista, dove poter raccontare la sua storia e il suo rapporto con il cibo, nella speranza che la sua testimonianza possa aiutare molte altre persone. Sara è stata entusiasta dell’idea, ci siamo conosciute via Skype, data l’impossibilità geografica di farlo di persona, e con piacere ho scoperto una ragazza dolcissima e piena di voglia di vivere. Ha 23 anni e sta attualmente frequentando un Master in Scienze Gastronomiche, perché per Sara il cibo e il mondo che gli ruota intorno, è la sua passione primaria, così come in passato è stato la sua massima fonte di stress e di disagio. Ma lascio a lei la possibilità di raccontarsi meglio attraverso la nostra intervista. Buona lettura.

Sara, parlaci un poco di te

Fino a 18 anni sono stata sempre normopeso, considera che sono alta 1 metro e 58 e ho sempre pesato tra i 50 e i 52 kg, svolgendo sport in palestra ma non a livello agonistico. Fondamentalmente ho sempre mangiato tanto, soprattutto dolci, senza farmene una preoccupazione e senza avere nessun tipo di problema di peso. Dall’ultimo anno di liceo, in concomitanza ad un periodo scolastico più pressante e all’inizio di una serie di problemi familiari, è cambiato il mio rapporto con il cibo: mi sono ritrovata a mangiare di più per conforto, ma allora non ne ero consapevole. Pertanto ho iniziato ad ingrassare, prendendo 2-4 kg che, anche se oggettivamente pochi, per me erano troppi ed era inconcepibile l’idea che il mio corpo ingrassasse. E’ da allora che è iniziato il mio percorso di diete, a partire dalla Dukan a diete con professionisti quali dietologi e nutrizionisti, in cui si alternavano settimane in cui riuscivo a stare a dieta, mi sentivo bene e dimagrivo, a periodi invece in cui crollavo e tornavo a mangiare più di prima. La perdita di peso andava sempre di pari passo al recupero dei chili persi, anche in tempi molto brevi, come potevano essere le vacanze di Natale o quelle estive, in cui tornavo a casa e puntualmente mi ritrovavo ingrassata.

Cosa rappresentava per te il cibo?

Il cibo era la mia ossessione: pensavo sempre a cosa avrei mangiato, come e dove; mi rendevo conto che mangiavo tanto e che era la mia condotta alimentare a portarmi ad ingrassare. Mi dicevo “se non vuoi ingrassare e vuoi sentirti e vederti meglio, non mangiare così tanto, che c’è di difficile? E’ colpa tua se ingrassi, non sei in grado di essere determinata e di avere la volontà giusta per perdere peso“. Ma puntualmente non riuscivo a mangiare di meno e a non provare quelle sensazioni di colpa e di disagio che automaticamente mi portavano ad alternare periodi di restrizioni a periodi in cui mangiavo maggiormente, ma fino a quel momento non avevo ancora mai avuto episodi di abbuffate. Nel giro di un paio di anni mi sono ritrovata ad toccare i 60 kg, quindi ben 10 chili in più, ed in concomitanza alla fine di una relazione sentimentale e al fatto che sono andata a vivere da sola. Mi sentivo sola, e il cibo riempiva quel vuoto.

Puoi descriverci meglio il tuo comportamento alimentare in quelle situazioni e le sensazioni che provavi?

Spesso mi ritrovavo a mangiare di tutto, dall’intero pacco di cerali della colazione, al pacco di biscotti insieme alla vaschetta intera di gelato, oppure a scendere sotto casa per andare a comprarmi del cibo, soprattutto dolci, mangiando fino a sentirmi male, così male che di notte mi svegliavo per le coliche e la nausea, senza però adottare mai comportamenti compensatori.
Durante le abbuffate provavo la sensazione di non riuscire a fermarmi, come se non fossi padrona dei miei gesti, ma così facendo, tutte le emozioni si placavano. Il prezzo da pagare era però alto, perché successivamente provavo dei forti sensi di colpa e soprattutto di vergogna, sia di farmi vedere dalle mie amiche, che di interagire con il mondo maschile. Non mi piacevo e mi sentivo a disagio. Mi sono rinchiusa in me stessa nonostante fossi sempre stata una persona solare. Quello è stato il momento più brutto, avevo l’autostima sotto i piedi, non riuscivo più a perdere peso come facevo prima e la sola idea di rimettermi a dieta mi stressava. Per me le diete erano troppo restrittive, monotone, mi pesava non avere variabilità alimentare e soprattutto mi sentivo limitata nella mia socialità. Le persone che mi erano più vicine, non capivano il mio disagio, o tendevano a sminuirlo e a renderlo troppo semplicistico, oppure invece di supportarmi nel percorso di dimagrimento, cercavano di portarmi fuori strada tentandomi con il cibo. Ed io non sapevo resistere.

Cosa è accaduto successivamente che ti ha portato a cambiare comportamento?

Una persona a me cara, un giorno mi fece realizzare per la prima volta, che forse il mio rapporto con il cibo aveva una componente emotiva, che lo utilizzavo come conforto o per lenire delle emozioni che non riuscivo a gestire. Fu allora che ho realizzato che forse se volevo risolvere davvero il mio problema con il cibo e rompere il circolo vizioso delle diete, dovevo partire da un altro punto di vista e farmi aiutare. Così da settembre scorso ho iniziato un percorso di psicoterapia, ma già prima avevo iniziato a cambiare alcuni aspetti della mia vita.
Ho realizzato che non dovevo necessariamente fare diete e pensare continuamente al cibo, ma potevo iniziare a fare sport in modo programmato, così da scaricarmi mentalmente e permettere al mio corpo di rilasciare endorfine. Ho capito che non era giusto mettere me stessa da parte, cosa che in passato facevo spesso: lo svolgimento di un’attività fisica significava perdere tempo, ore sottratte allo studio e ai doveri. Ho iniziato invece a modificare i miei pensieri, per troppo tempo impostati sul senso del dovere, andando a cercare durante la giornata, le cose che mi facevano stare bene, come lo era lo svolgimento di un’ attività fisica.

E il tuo rapporto con il cibo è cambiato?

Fondamentalmente ho iniziato ad essere più serena: quando andavo a mangiare fuori con amici e mi ritrovavo a mangiare di più, non me ne facevo più un problema come accadeva precedentemente, ma semplicemente ho iniziato a viverlo con meno sensi di colpa e ad accettare quella condizione come una parte di me. Inoltre ho iniziato a mangiare con più attenzione nella scelta degli ingredienti. Essendo stata sempre molto golosa, ho iniziato a mangiare meno cibi raffinati ed industriali, a preparami in casa i dolci, utilizzando zuccheri naturali. In questo modo ho la sensazione di mangiare un cibo che mi fa bene, ed effettivamente il senso di appagamento è maggiore.

Che consiglio ti sentiresti di dare a chi non riesce a perdere peso o a mantenerlo?

E’ molto importante capire innanzitutto se il proprio sovrappeso dipende da un’alimentazione scorretta, oppure se invece da una necessità di andare a compensare disagi emotivi, perché in quest’ultimo caso la dieta non può essere la soluzione. Però non è sufficiente raggiungere la consapevolezza, ma è necessario farsi aiutarsi da persone competenti. Ogni volta che iniziavo una dieta, finivo per pesare di più. Molti professionisti e persone a me vicine, non hanno capito il mio disagio nonostante io lo avessi portato alla luce. La svolta per me c’è stata quando ho realizzato che non dovevo pensare al mio dimagrimento come un risultato di un’ennesima dieta, ma come una modifica del mio rapportarmi al cibo, attraverso un approccio più sereno. Le persone dovrebbero togliersi dalla testa di dover eliminare tutti i carboidrati per dimagrire in fretta, ma accettare con più pazienza e serenità un percorso di educazione alimentare e di gestione delle proprie emozioni, sicuramente più difficile e lento ma più duraturo nel futuro.

Ringrazio Sara per la sua preziosa testimonianza e sono certa che questo è per lei soltanto l’inizio di un percorso di vita professionale e personale, che le darà belle soddisfazioni, perché ha avuto il coraggio di mettersi in discussione e di non aver paura di guardare in faccia la realtà. E questi sono dei requisiti fondamentali per una crescita personale.