Quest’anno ho trascorso le mie ferie estive visitando delle isole molto note per il tipico anticiclone meteorologico, ma forse meno da un punto di vista turistico: le Azzorre, un fantastico arcipelago composto da 9 isole sparse in pieno oceano atlantico, a metà strada tra il continente americano e l’europeo. Scoperte verso la fine del XV secolo, sono state punto di passaggio di rotte navali, isole appetibili per la posizione strategica e pertanto colonizzate da diverse popolazioni come portoghesi, spagnoli e fiamminghi. Oggi appartengono al Portogallo anche se come regioni autonome.
Sono dotate di un fascino particolare e in ogni isola si può trovare un’unicità di paesaggi, di storie e di tradizioni. Di origine vulcanica, non si fa difficoltà a capire che la padrona di queste terre è la Natura. Crateri di vulcani non più attivi e vulcani che ancora lo sono; grotte laviche e solfatare; territori nuovi emersi da meno di 100 anni (come il Capelinhos), la vetta del monte Pico (la montagna più alta del Portogallo con i suoi 2300 m) che sovrasta e domina con maestosità e unicità tutto l’arcipelago centrale. Tutto questo e molto altro si alternano a scenari dove lo sguardo si perde nell’unione tra il verde e il blu, intervallati a tratti da distese viola di ortensie che come corone, sormontano i crinali di vulcani, delimitano bordi di strade o pascoli di mucche.
Visitando queste isole si riesce a respirare un’aria di mutevolezza, di consapevolezza del “passaggio” e che niente è statico. Per questo forse mi sono piaciute così tanto le isole in cui sono stata: Faial, Pico, Sao Jorge e Terceira; forse perché in ogni angolo ci ricordano che niente può restare immutato e statico in eterno, ma è nel presente che si deve cogliere tutta la bellezza e la vita del momento.
Vigneti a Pico

L’ origine lavica di queste isole non ha consentito facilmente la coltivazione dei terreni nei primi tempi in cui furono scoperte, ma nei secoli l’uomo ha superato l’ostilità del territorio e le Azzorre sono diventate fiorenti di prodotti di eccellenza. Nell’isola di Pico da più di cinque secoli gli abitanti si sono ingegnati a produrre il Verdelho, un vino tipico di questa isola, le cui viti gettano le radici in un terreno di basalto che spesso i contadini hanno riempito a mano con nuova terra, e sono minacciate dai violenti venti e piogge oceanici. Per questo i vitigni crescono protetti da tipici muretti bassi, terrazze e camminamenti che vanno a formare tante piccole stanze, che riparano le viti dalle intemperie ma non dal calore e dai raggi solari, fondamentali per la maturazione delle uve.

Assaggio di Vini Locali

Il verdelho, un vino bianco e liquoroso, ha conosciuto il massimo della sua produzione nel XVIII secolo ed era esportato in Europa, ma dei vitigni autoctoni non ne restano tracce a seguito di malattie che nel secolo scorso li colpirono. Ne resta conservato il nome e i vitigni impiegati oggigiorno sono di origine americana; tra i nomi più noti di vini troviamo Terra de Lava, Basalto e Lajido.

Altra importante attività delle Azzorre è sicuramente la pesca, tanto che sulle tavole azzorriane non manca mai del buon pesce oceanico: alla griglia, in umido, in zuppa e fritto. La pesca e la lavorazione del tonno sono sicuramente rinomate; a Sao Jorge si trovano allevamenti di vongole e i molluschi sono molto consumati nelle Azzorre. Ad esempio sono tipiche le lapas, simili alle nostre patelle. La Cataplana di pesce è un piatto portoghese composta da pesce in umido con cipolle, spezie ed erbe aromatiche, che prende il nome dalla tipica padella in cui viene cucinata; inoltre non manca il tanto amato baccalà preparato in più di 300 modi diversi.
Stagionatura del formaggio alla Cooperativa Finisterra

Accanto alla pesca altra attività fiorente è la produzione di latte e la caseificazione. Ho avuto possibilità di visitare una delle 3 cooperative di caseificazione di Sao Jorge, Finisterra a Topo. Mi hanno spiegato che le mucche non sono allevate in modo intensivo, ma pascolano libero nei prati. Gli allevatori un paio di volte al giorno raccolgono il loro latte che viene poi consegnato alla cooperativa. La massima produzione si ottiene dai mesi di maggio a settembre e i formaggi ottenuti vengono esportati in diversi paesi europei ma non in Italia e in Francia. La tradizione casearia fu probabilmente introdotta dai fiamminghi nel 1600, tanto che il “queso” di Sao Jorge, formaggio DOP tipico del Portogallo e che ricorda quello olandese, può arrivare fino agli 11 kg, con un sapore lievemente piccante, in base alla stagionatura. Per una forma da 10 kg occorrono circa 100 litri di latte , che verranno poi stagionati su appositi scaffali ad una temperatura tra i 10 e i 14 gradi e ad un’umidità dell’85%, dai 3 mesi fino ad 1 anno di stagionatura.

La cucina delle Azzorre rispecchia di fatto molto quella portoghese, semplice ma saporita. Tra i piatti più antichi ci sono le zuppe, come il noto “caldo verde” a base di foglie di cavolo, o il “caldo de peixe” a base di pesce. Di carne troviamo le salsicce secche, le linguiça, accanto ad altre carni consumate alla griglia o in umido. Tutto sempre rigorosamente accompagnato con patate di ogni tipo, importate dal continente americano durante la colonizzazione. Infine abbiamo anche frutta tipica come ad esempio le ananas, coltivate a Sao Miquel, le banane importate dalle Canarie, i fichi, l’uva e soprattutto la maracuja, nota anche con il nome di frutto della passione.

Frutto della pianta della Passiflora, che può crescere a cespugli o come pianta rampicante, è tipico delle zone calde e tropicali americane, e anche delle Azzorre. Ne esistono varietà viola, più piccole (passiflora edulis) e varietà più grandi gialle (passiflora edulis flavicarpa). Il nome “frutto della passione” non rimanda a proprietà afrodisiache come spesso si pensa, ma al fatto che alcuni elementi del fiore della passiflora ricordano la corona di spine e i chiodi della Passione di Gesù Cristo. Ho trovato la maracuja nei negozi di alimentari e nei chioschetti alle piscine naturali, pronta per essere consumata fresca tra un bagno e un altro, oppure come succhi di frutta dissetanti o come creme da dessert. Ha la grandezza di un uovo, con una buccia dura e viola per la specie più comune, cioè la passiflora edulis. Aprendola a metà se ne possono gustare i semi e la polpa, dal sapore caratteristico lievemente acidulo ma gustoso. Il frutto della passione oltre a contenere zuccheri, è ricco di sali minerali come potassiofluoromagnesiozinco ma anche preziosi antiossidanti, quali la vitamina C e soprattutto il piceatannolo, un derivato del resveratrolo, contenuto anche in uva e more.

Uno studio scientifico riportato in questo link ha dimostrato come i semi del frutto della passione, ricchi di piceatannolo e del suo dimero, la scirpusina B, entrambi potenti antiossidanti, abbiano un’azione di protezione dal danno di radiazione UVB su cellule di cheratinociti umani, mediante aumentata produzione dei livelli di GSH cellulare in una relazione dose-dipendenza. I raggi UVB inoltre aumentano l’espressione delle metalloproteasidi tipo 1 (MMP-1) e riducono la produzione del procollagene in cellule umane dermiche di fibroblasti. Il piceatannolo contenuto nei semi del frutto della passione riduce la produzione di MMP1 indotta dagli UVB.
Pertanto tale fitocomplesso sembrerebbe avere un’azione di protezione dallo stress ossidativo indotto dai raggi UV, mostrandosi un valido candidato a prevenire il fotoaging o fotoinvecchiamento delle cellule cutanee umane. 
In un altro studio si è dimostrato come ratti che assumevano per 16 settimane il frutto della passione ricco di piceannolo mostravano un effetto protettivo per il danno cardiovascolare indotto da una dieta ad alto contenuto di grassi, a confermare ancora una volta il potente effetto antiossidante della Maracuja.