Proprio oggi, dopo un classico pranzo in famiglia, ci siamo trovati a tavola a riflettere su come internet e i social network in particolare, abbiano rivoluzionato il nostro stile di vita, ci abbiano reso più connessi da un lato ma dall’altro rischino di compromettere le relazioni sociali intese nella maniera classica, fatte di incontri e confronti reali. Il rischio è chiaramente dietro l’angolo, ma non posso fare a meno di pensare che è grazie ad un social network, che ho avuto modo di conoscere molti colleghi lontani con cui mi confronto frequentemente. E sempre tramite un social network, ho avuto il piacere di conoscere più di anno fa, Lucia Galasso, che di professione fa l’antropologa. Internet è stato soltanto l’esca, perché un pomeriggio a Roma ci siamo incontrate anche realmente, e tra un frullato e l’altro, ci siamo scambiate le nostre vite e le nostre passioni. E da allora ci siamo tenute sempre in contatto, con l’ottica di fare in modo di unirle e di lavorare in qualche modo insieme.
Vi state chiedendo cosa fa un’antropologa e soprattutto che c’entra con il cibo? Leggete ciò che ci racconta Lucia sull’antropologia alimentare e capirete. Questo è l’inizio, la ringraziamo e attenderemo felici gli argomenti di cui ci vorrà parlare in futuro.
“L’antropologia dell’alimentazione ha una doppia anima: dal punto di vista culturale questa materia studia le interazioni tra l’essere umano ed i suoi cibi, descrivendo i sistemi e i comportamenti alimentari nelle diverse culture. Dal punto di vista biologico prende in considerazione quell’interazione gene-cibo-cultura fondamentale per capire quanto l’ambiente è stato importante nel plasmare le cucine di tutto il mondo.
Le singole tradizioni culinarie, infatti, non sono semplicemente ingredienti casuali messi insieme a casaccio, al contrario riflettono la storia evolutiva di un particolare popolo nel suo far fronte alla disponibilità di piante e di animali commestibili (attraverso caccia, agricoltura o commercio) alle malattie più frequenti, alla siccità, alle carestie e… all’incontro con altri popoli. Il cibo quindi riflette l’interazione fra diversità biologica e culturale.
Quando questo circuito virtuoso si interrompe è la salute a risentirne. Ecco perché è importante tornare alle antiche tradizioni culturali gastronomiche, a quelle che vengono definite “diete etniche” (anche la nostra dieta mediterranea lo è), sostenute a loro volta da una comunità che interagisce con l’ambiente in cui vive. Le tradizioni culinarie sono importanti perché hanno radicate basi ecologiche, e traiettorie evolutive di rilevante importanza per lo stato di salute dei loro consumatori. Quando i cibi locali sono abbandonati da una comunità si verifica sempre un certo grado di perdita culturale.
Per poter comprendere tutto questo, analizzarlo e affrontarlo il primo passo è spiegare l’importanza di parole come tradizione, identità, territorio, proprio per evitare che vengano utilizzate malamente per venderci prodotti commerciali, svuotati di ogni simbologia, senza anima, se non quella che abilmente riescono a inventare.
Preservare il territorio… Cosa c’è di buono nel sapere che l’alimentazione tradizionale può guarire il corpo se nessuno è poi interessato a prendersi cura di quel territorio, che produce gli alimenti alla base della dieta etnica, luogo di vita della comunità che li coltiva?
Ecco, per raccontare questo, e molto di più, è nato il mio blog http://www.evoluzioneculturale.it/
Lucia Galasso