Il nostro stile di vita occidentale è notoriamente caratterizzato da molte ore passate fuori casa, tra gli impegni lavorativi, familiari e personali. Si esce presto da casa e si rientra tardi, spesso verso l’ora di cena, e tra la preparazione dei pasti, il riordino della casa, il tempo passato con i nostri familiari che non abbiamo visto per un giorno intero e quello dedicato al relax di vedere un film o leggere un libro, facilmente potremmo andare a dormire dopo le 23, quando invece secondo i nostri biologici ritmi circadiani, saremmo dovuti essere già a letto. Se non abbiamo particolari problemi, faremo un sonno ristoratore di almeno 7-8 ore, ma molte volte durante le mie consulenze, mi capita di constatare che molte persone soffrono di insonnia, risvegli notturni o non riescono a dormire più di 5 ore per notte. In pratica passiamo più ore svegli che a dormire, il che significa avere anche un maggior intervallo di tempo per alimentarsi. Volendo fare un esempio pratico, può accadere che si faccia il primo pasto, la colazione, intorno alle 7 di mattina e si termini di cenare intorno alle 21,30. Se così fosse, avremo mangiato per 14 ore e digiunato per 10, ma quante volte l’ultimo alimento che ingeriamo va anche oltre nel tempo? Accade tutte quelle volte che mangiamo prima di andare a dormire perché ci è tornata fame. In questo caso le ore di alimentazione si allungano, mentre quelle di digiuno si accorciano sempre più. Ciascuno di voi potrà ragionare sui propri tempi di alimentazione (il termine in inglese è food-timing o timing dei pasti) e di digiuno rispetto al proprio stile di vita.

I TEMPI IN CUI CONSUMIAMO I CIBI INFLUENZANO LA NOSTRA SALUTE 

Se in linea di massima conosciamo bene come la composizione qualitativa e quantitativa della nostra dieta, intesa come stile di vita alimentare, possa influenzare la nostra salute in bene e in male, poco sappiamo ancora su come l’alterazione dei nostri ritmi circadiani e il timing dei pasti influenzi il nostro stato di benessere e l’insorgenza di malattie croniche. Recentemente sono state eseguite numerose ricerche scientifiche indirizzate verso questa comprensione. Le ultime osservazioni hanno indicato che la riduzione del tempo di alimentazione giornaliera può limitare lo sviluppo di malattie non trasmissibili e che prolungare la durata dell’intervallo di digiuno notturno può essere una strategia per ridurre il rischio di recidiva del cancro al seno. Una coorte di 420 individui ha dimostrato che mangiare tardi può influenzare negativamente la perdita di peso e gli autori di uno studio su una coorte di 2650 donne adulte hanno suggerito che ridurre l’apporto energetico serale e il digiuno per intervalli notturni più lunghi può abbassare l’infiammazione sistemica e successivamente ridurre il rischio di cancro al seno e altre malattie infiammatorie e metaboliche.  Sappiamo bene come il digiuno intermittente, un modello alimentare caratterizzato da giorni in cui ci si alimenta normalmente e giorni (alterni e non) in cui si riducono drasticamente le calorie, sia sotto i riflettori della scienza come potenziale strategia dietetica per migliorare lo stato di salute, prevenire malattie croniche e controllare la perdita di peso. Un’alimentazione che restringe i tempi quotidiani di ingestione di cibo rappresenta una forma di digiuno intermittente, la quale vede un intervallo di tempo più stretto tra il primo e l’ultimo pasto, che può andare da un minimo di 4 ore ad un massimo di 12 ore. Così facendo la finestra di digiuno quotidiano arriva a toccare 24-12 ore minime. Potremmo chiamare questo modello dietetico come “the time-restricted eating” (TRE) e in genere il modello specifico viene indicato come 8/16, indicando 8 ore di alimentazione e 16 di digiuno, che è il più comune. In genere negli studi non si superano le 10 ore di alimentazione e 14 di digiuno. Ma cosa differenzia in pratica il modello del digiuno intermittente con il modello a tempo? La prima grande differenza è che nella TRE non si ha nessuna restrizione calorica, l’alimentazione della persona è la stessa in composizione e in quantità di quella che avrebbe normalmente, soltanto è più concentrata nel tempo. Questo facilita l’aderenza delle persone alla dieta rispetto ad un digiuno intermittente settimanale. Altra differenza sostanziale è che la TRE è uno stile di vita quotidiano e costante, non alternato.

I BENEFICI DEL MODELLO DIETETICO A TEMPO LIMITATO (TRE)

Il modello dietetico di alimentazione limitata nel tempo ha mostrato effetti benefici sia sugli animali che sull’uomo. Nei modelli di roditori alimentati con una dieta grassa, è stato dimostrato che la TRE conferiva protezione contro obesità, iperinsulinemia, steatosi epatica e infiammazione, mentre un altro studio ha dimostrato che attenua l’insorgenza di malattie metaboliche e ne inverte la progressione nei topi con obesità preesistente e diabete di tipo II, steatosi epatica e ipercolesterolemia. La TRE sulla Drosophila attenua il declino cardiaco correlato all’età. Studi sull’uomo e revisioni sistematiche sulla TRE hanno supportato i risultati ottenuti dagli studi sugli animali e hanno dimostrato effetti benefici sul metabolismo cardiovascolare. Una recente revisione sistematica e una meta-analisi di 19 studi hanno dimostrato che la TRE porta alla perdita di peso e alla riduzione della massa grassa con una conservazione della massa magra e ha anche effetti benefici sui parametri cardiometabolici come la pressione sanguigna, la concentrazione di glucosio a digiuno e il profilo del colesterolo. L’alimentazione limitata nel tempo ha indotto una perdita di peso media del 3% e una perdita di massa grassa. La perdita di grasso è stata osservata anche senza alcuna restrizione calorica ed è interessante notare che la TRE ha prodotto effetti metabolici benefici indipendentemente dalla perdita di peso. Infine uno studio ha indicato che la TRE ha prodotto un miglioramento significativo e duraturo della qualità del sonno e un altro studio di 12 settimane, che ha valutato una TRE 10/14 su 19 adulti, ha registrato un aumento della durata del sonno e dell’efficienza nell’84% dei partecipanti. Inoltre, è noto che il miglioramento della qualità del sonno è direttamente collegato al miglioramento del sistema circadiano, che pertanto si influenzano a vicenda. Altri effetti benefici della TRE si avrebbero nella carcinogenesi; i ricercatori hanno dimostrato che un digiuno intermittente di un mese porta a una diminuzione delle citochine pro-infiammatorie, ottenendo un calo dei livelli di TNF-α e IL-1-β dopo 8 settimane di TRE associato all’allenamento fisico. L’analisi dell’espressione genica ha dimostrato che la TRE aumenta l’espressione di quattro geni coinvolti nell’autofagia e nella longevità e che la TRE aumenta la secrezione di BDNF, un fattore protettivo contro lo sviluppo di malattie neurodegenerative. Inoltre, due studi che esplorano gli effetti della TRE negli anziani hanno mostrato un miglioramento della velocità di deambulazione, un predittore di robustezza geriatrica, nonché un’attenuazione del processo di immuno-senescenza.

IL MECCANISMO DI AZIONE ALLA BASE DEI RISULTATI OTTENUTI

Il principale meccanismo ipotizzato per spiegare questi effetti benefici dell’alimentazione limitata nel tempo è la sua azione sul ritmo circadiano del corpo. Il sistema circadiano rappresenta tutti i processi fisiologici coinvolti in un ciclo di 24 ore, come il ciclo sonno/veglia, la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, la secrezione ormonale, le prestazioni cognitive e la regolazione dell’umore. Il sistema è regolato da una serie di stimoli ambientali come l’assunzione di cibo, l’esposizione alla luce e l’attività fisica. Diverse prove mostrano che l’interruzione del ritmo circadiano è la causa di molte patologie metaboliche come l’obesità, pertanto limitare il tempo del consumo di cibo sembrerebbe essere in grado di riadattare l’assunzione di cibo con l’orologio circadiano. Questo è il principio alla base della crononutrizione, che è lo studio delle relazioni tra gli orologi circadiani e l’assunzione di cibo e che suggerisce che il momento dei pasti influisce sul metabolismo. Tuttavia sono necessari studi più rigorosi per confermare tali effetti, comprenderne i meccanismi e valutarne l’applicabilità alla salute umana.