Il lipedema è una patologia progressiva che colpisce prevalentemente le donne, riconosciuta clinicamente come malattia per la prima volta nel 1940 presso la Mayo Clinic negli Stati Uniti. Spesso risulta mal diagnosticata e confusa con lo stato di obesità, ma è definita tipicamente dall’accumulo sproporzionato e simmetrico di tessuto adiposo negli arti inferiori, accompagnato da presenza di edema ortostatico. Inoltre il lipedema si distingue per una ipersensibilità e dolore della parte inferiore del corpo, comparsa di lividi al minimo trauma, presenza di noduli solidi nel grasso sottocutaneo e apparente resistenza ad una dieta tradizionale e all’esercizio fisico. A livello epidemiologico il lipedema colpisca circa l’11% delle donne, solo raramente gli uomini, e ha un impatto profondamente negativo sulla qualità della vita. Nelle persone affette da lipedema, più del 50% è obeso e presenta un linfedema secondario che spesso è la conseguenza diretta dell’obesità, piuttosto che del lipedema. Inoltre diversi studi hanno dimostrato che l’obesità si manifesta con una concomitanza di lipedema nell’85%-88% del campione studiato, il che dimostra la necessità di un intervento efficace che affronti entrambe le condizioni. Maggiori informazioni si possono trovare nel sito dell’associazione italiana Lipedema Italia Onlus (LIO), un ente non profit dedicato alla promozione sociale della consapevolezza e dell’informazione sulla patologia del Lipedema. In questo articolo cercherò di illustrarvi meglio le tecniche di diagnosi, le manifestazioni cliniche più comuni e gli approcci terapeutici a disposizione, in particolar modo quello nutrizionale riguardante la possibilità di applicare una dieta chetogenica nel trattamento del lipedema.

LA DIAGNOSI 

In linea di massima la diagnosi di lipedema è effettuata al momento della visita medica dall’osservazione clinica di un’insolita distribuzione di tessuto adiposo, generalmente sproporzionata al di sotto della vita. Tuttavia esiste ancora una scarsa conoscenza della patologia, molto spesso associata in modo semplicistico ad una condizione di obesità da parte sia delle persone che dei professionisti; questo comporta spesso un ritardo diagnostico anche di circa 10 anni dall’insorgenza dei primi sintomi. Risulta pertanto fondamentale l’esperienza del clinico e gli accertamenti strumentali, come ad esempio un’ecografia strumentale ad alta definizione, la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica, sono utili a differenziare il lipedema da altre cause che comportano edema o ingrossamento degli arti inferiori. Una linfoscintigrafia può essere utile invece nei casi associati a linfedema (lipo-linfedema) che presentano segni di linfostasi al momento della diagnosi clinica, mentre per la diagnosi di lipedema risulta molto utile anche una valutazione della composizione corporea.

TIPOLOGIE DI LIPEDEMA, STADIAZIONE E MANIFESTAZIONI CLINICHE

Il lipedema viene classificato in 5 tipi sulla base della distribuzione del tessuto adiposo, come mostrato nella figura sottostante: tipo 1 con accumulo di tessuto adiposo principalmente sulle natiche; tipo 2 sui fianchi e sulle cosce; tipo 3 su natiche, fianchi e cosce; tipo 4 anche sulle braccia; tipo 5 ginocchia, polpacci e caviglie.

tipologie di lipedema

Oltre ai tipi, il lipedema viene classificato anche sulla base della stadiazione. Una fase precoce di solito consiste in una distribuzione insolita ma irrilevante di tessuto adiposo nelle gambe. Se non trattata, la malattia progredisce attraverso quattro fasi in cui il tessuto adiposo aumentata progressivamente nelle gambe, risparmiando in gran parte i piedi e le mani, a meno che non si sviluppi un linfedema. Il drammatico aumento di tessuto adiposo nelle gambe nelle fasi successive può essere debilitante sia fisicamente che emotivamente. La foto sottostante mostra i diversi livelli di stadiazione e una tabella riassuntiva che descrive una triade diagnostica tra lipedema, obesità e linfedema. Le caratteristiche salienti che distinguono un linfedema da un lipedema includono l’asimmetria degli arti, l’edema con vaiolatura, un segno di Stemmer positivo, mentre il lipedema mostra tipicamente simmetria degli arti ed edema senza vaiolatura, con un segno di Stemmer negativo. Ma queste condizioni non sempre sono così nette e spesso, se vengono a sovrapporsi, possono complicare il quadro sia diagnostico che di trattamento.

stadiazione del lipdema

Le manifestazioni cliniche prinicipali del lipedema sono le seguenti:

  • distribuzione anomala del tessuto adiposo: l’eccessiva espansione ginoide del tessuto adiposo nella parte inferiore del corpo può avere influenze genetiche e/o di ormoni sessuali femminili, sebbene tale distribuzione sembri essere metabolicamente protettiva a causa della sua correlazione negativa con i fattori di rischio cardiovascolare. L’insorgenza della patologia spesso si associa al periodo della pubertà, della gravidanza o della menopausa, periodi quindi fortemente stimolati dagli ormoni femminili.
  • dolore: in un recente studio sui segni e sui sintomi dei pazienti con lipdema si è rilevato che l’89,7% ha riportato dolore quotidiano che diventa un fattore di peggioramento della qualità di vita e nella perdita di mobilità. Inoltre si può avere un’alta incidenza di dolore articolare a causa di problemi concomitanti di deambulazione e osteoartrite. Il meccanismo alla base del dolore nel lipedema non è chiaro, rendendo difficile il trattamento e il suo controllo; probabilmente è causato da un aumento dell’infiammazione e/o della compressione dei nervi periferici da parte del tessuto adiposo e dall’accumulo di liquidi nel tessuto in questione.
  • qualità della vita e psicologia: sulla base dell’esperienza clinica spesso il lipedema impatta negativamente sulla qualità della vita, correlandosi a condizioni psichiche di bassa autostima, sentimenti di disperazione e senso di colpa, depressione, ansia, disturbi alimentari, isolamento sociale, scarsa immagine corporea e angoscia legata all’aspetto fisico. Lo stress di ripetuti tentativi di perdere peso, in particolare con diete a bassissimo contenuto calorico, può anche provocare “depressione alimentare”, un insieme di sintomi tra cui ansia, irrequietezza, irritabilità e nervosismo.
  • disfunzioni metaboliche: anche se gli estrogeni sono stati implicati nell’eziologia del lipedema, non è stata ancora stabilita una certa eziologia ormonale, anche se rimane una strada promettente. Gli estrogeni promuovono l’accumulo di energia in parte aumentando la secrezione di insulina e la sensibilità dei tessuti bersaglio e forse in parte impedendo l’ossidazione degli acidi grassi e la loro eliminazione. L’insulina favorisce l’immagazzinamento di tessuto adiposo e ne impedisce la sua degradazione. Si comprende come un’alimentazione eccessivamente glucidica e stimolante la produzione di insulina, possa essere un fattore di rischio e/o di peggioramento del quadro del lipedema. Inoltre il tessuto adiposo dalla regione dell’anca e della coscia, è particolarmente sensibile all’azione degli estrogeni. Vista inoltre la resistenza al dimagrimento nel lipedema, si sospetta una concomitante condizione di ipotiroidismo (come causa primaria o anche secondaria a diete restrittive) anche se esistono pochissimi dati sul funzionamento della tiroide nel lipedema.
  • edema: è definito come un eccesso di acqua che si accumula nelle cavità o nei tessuti del corpo. Un aumento del flusso di liquidi nel lipedema è influenzato dall’aumento della permeabilità dei capillari sanguigni e del tessuto connettivo lasso, nonché dall’elevato contenuto di sodio. Tale aumento del volume del fluido non comporta un aumento della pressione del fluido interstiziale e può essere protettivo per un’eventuale ipertensione.
  • infiammazione: il lipdema e l’obesità mostrano numerose somiglianze, ma esistono differenze significative nel declino patologico degli adipociti e dei tessuti. Nel lipedema l’infiammazione si verifica indipendentemente dall’infiammazione causata dall’obesità, con una eccessiva risposta immunitaria del tessuto adiposo, un suo rimodellamento e l’istaurarsi di un’infiammazione di basso grado.
  • fibrosi: sebbene non universalmente accettato, si ipotizza che l’infiammazione cronica del tessuto adiposo possa progredire in fibrosi se non trattata. La fibrosi è la conseguenza patologica dell’ipossia indotta dall’ipertrofia degli adipociti e della successiva infiammazione cronica, per cui le cellule e i tessuti danneggiati da una risposta infiammatoria irrisolta, subiscono meccanismi di riparazione continui ed eccessivi. Si ritiene inoltre che l’istaurarsi della fibrosi sia un fattore significativo nella progressione verso il lipolinfedema.

LA DIETA CHETOGENICA COME POSSIBILE TRATTAMENTO 

Gli approcci terapeutici convenzionali del lipedema possono essere non invasivi (come il drenaggio linfatico manuale, la terapia compressiva e i cambiamenti dello stile di vita nella dieta e nell’esercizio fisico) o invasivi come la chirurgia. Poiché non esiste una cura definitiva per il lipedema, il trattamento conservativo deve concentrarsi sul sollievo dai sintomi, sulla prevenzione delle complicanze e sul rallentamento della progressione della malattia, mentre l’intervento chirurgico ha un certo potere nel ridurre il dolore, ma non è una cura e non è privo di rischi di complicanze. Poiché le opzioni chirurgiche per il lipedema stanno iniziando ad essere utilizzate più frequentemente, il trattamento conservativo viene utilizzato come coadiuvante nelle cure pre e post-operatorie. Gli approcci terapeutici dietetici in genere si concentrano sulla riduzione degli alimenti infiammatori e/o sull’integrazione a base di erbe, tuttavia è stato dimostrato che il lipedema è altamente resistente alla dieta convenzionale. Le diete a basso contenuto calorico e l’esercizio fisico intenso, progettati per modificare l’equilibrio energetico e indurre la perdita di peso, si sono dimostrate inefficaci nei pazienti affetti da lipedema. Generalmente si ottiene un dimagrimento solamente nella parte superiore del corpo, con un peggioramento dell’asimmetria e del dismorfismo e con conseguenti peggioramenti psicologici.

La dieta chetogenica si sta studiando negli ultimi anni come potenziale terapeutico di diverse patologie come quelle metaboliche, diabete, tumori, epilessia, Alzheimer e sclerosi multipla. Si può ipotizzare che una chetogenica specificamente modificata per trattare il lipedema, possa ridurre sia i sintomi che la quantità di tessuto adiposo. C’è una forte evidenza che una dieta chetogenica possa agire sulle manifestazioni cliniche del lipedema illustrate precedentemente. Vediamole insieme:

  • una riduzione del peso e dell’eccessiva deposizione del tessuto adiposo: la dieta chetogenica è nota per la sua efficacia sulla perdita di peso e i corpi chetonici sono in grado di ridurre l’insulina e aumentare la sazietà. Nel lipedema gli adipociti ipertrofici sono collegati a insulino-resistenza e poiché livelli di insulina più elevati promuovono la lipogenesi e l’ipertrofia degli adipociti, una dieta a basso contenuto di carboidrati si traduce in una diminuzione del glucosio nel sangue e livelli di insulina più bassi e più stabili. I cambiamenti metabolici indotti dalla chetosi nutrizionale possono avere implicazioni di vasta portata per la gestione della drammatica proliferazione degli adipociti e della risposta iper-infiammatoria trovata nel lipedema, principalmente in tre modi distinti: (1) riducendo l’adiposità complessiva attraverso la lipolisi guidata dalla richiesta di energia, ( 2) portando l’insulina ad un livello sufficientemente basso da consentire la lipolisi degli adipociti e sopprimendo contemporaneamente l’appetito attraverso un afflusso di glucagone e (3) prevenendo qualsiasi ulteriore progressione della malattia, precedentemente considerata impossibile. La chetosi può anche stabilizzare una resistenza al glucagone, che a volte è stata trovata in persone affette da lipedema.
  • una riduzione del dolore: si è ipotizzato che la restrizione carboidrati riduca l’eccitabilità dei neuroni, che può sopprimere la percezione del dolore, bloccare la glicolisi, ridurre l’infiammazione e aumentare i livelli di adenosina, un analgesico naturale. Si suppone che il dolore nel lipedema sia in gran parte dovuto all’infiammazione, che è stato visto ridursi dopo settimane di dieta chetogenica, e inoltre si è dimostrato essere completamente indipendente da qualsiasi perdita di peso.
  • un miglioramento della qualità della vita: la riduzione del peso e delle dimensioni, in particolare nelle aree del corpo più colpite dopo una dieta chetogenica, riduce il disagio e la depressione legati all’aspetto, che sono aspetti importanti del funzionamento psicologico. Al contrario diete ricche di carboidrati (definite come maggiori del 45% delle calorie) hanno dimostrato di essere associate a una maggiore incidenza di disturbi depressivi, ansiosi in diversi ampi studi di coorte epidemiologica, anche se non investigate nello specifico nel lipedema.
  • alterazione del metabolismo e della funzione ormonale: una dieta a basso contenuto di carboidrati è una possibile soluzione all’obesità causata da elevati livelli di estrogeni e di insulina, anche se devono essere ancora sviluppati studi sulla relazione esistente tra estrogeni-insulina nel lipedema, in particolare per quanto riguarda le questioni relative alla sua insorgenza sia durante la pubertà che in menopausa.
  • edema o riduzione del contenuto di acqua nei tessuti: si è scoperto che una dieta composta da >45% delle calorie giornaliere totali di carboidrati, causi ritenzione idrica che alla fine contribuisce al sovraccarico linfatico; si ipotizza che la restrizione di carboidrati, associata al consumo di grassi come parte di una dieta chetogenica ben formulata, possa ridurre il contenuto di acqua nei tessuti in eccesso, tipico del lipedema. La chetogenica può aumentare il trasporto linfatico a causa della ridotta permeabilità delle cellule endoteliali linfatiche: l’integrità endoteliale dei capillari linfatici è compromessa dalla resistenza all’insulina, dal diabete di tipo 2 e dalla sindrome metabolica, tutte condizioni associate a un’elevata assunzione di carboidrati.
  • infiammazione riduzione e prevenzione e riduzione della fibrosi: i corpi chetonici svolgono un ruolo chiave nella modulazione dell’infiammazione e nella riduzione dello stress ossidativo. Il chetone BHB negli studi su animali è stato proposto come potenziale intervento terapeutico clinico per sopprimere le malattie proinfiammatorie mediate da NLRP3 . Le diete chetogeniche sono associate a una migliore respirazione mitocondriale e all’inibizione dell’attivazione di NLRP3. Ciò si ottiene arrestando l’efflusso di potassio dalla cellula e diminuendo sia lo stress ossidativo che l’adenosina 5′-trifosfato extracellulare (eATP). Per quanto riguarda i pazienti con lipedema, sono state altamente raccomandate da clinici e ricercatori le diete mirate alla riduzione dell’infiammazione. Si ipotizza inoltre che una chetogenica possa prevenire e/o invertire la fibrosi, perché aumenta i livelli di adiponectina, la quale può contribuire all’inibizione della fibrogenesi. Fattori profibrogenici come i ROS e leptina risultano diminuiti con la chetogenica.

CONCLUSIONE

A causa dell’ampio divario nella letteratura scientifica disponibile sul lipedema, sarebbero opportuni maggiori studi di alta qualità, che aiutino a chiarire i meccanismi alla base, per una maggiore conoscenza di tale patologia. Attualmente una dieta chetogenica sembra essere il trattamento più promettente, che potrebbe avere un impatto direttamente positivo sul decorso clinico della malattia e su tutte le manifestazioni cliniche illustrate nell’articolo. Tuttavia abbiamo necessità di studi scientifici progettati in modo specifico e che esaminino i potenziali impatti terapeutici dell’adozione di un chetogenica in una popolazione di pazienti affetti da lipedema.

FONTE

Ketogenic diet as a potential intervention for lipedema. Med Hypotheses. 2021 Jan;146:110435