Il calcio è l’elemento più abbondante nel nostro organismo, dopo l’ossigeno, il carbonio e l’idrogeno: un neonato ne contiene circa 30 g mentre un adulto fino 1300 g. Per il 99% il calcio è contenuto nelle ossa e nei denti sotto forma di fosfato tricalcico o idrossiapatite, per il resto come carbonato e fluoruro, e costituisce il 39% della componente minerale delle ossa, insieme ad altri importanti minerali come il fosforo e il magnesio. Fin dalla nascita ogni giorno le ossa si sottopongono ad un processo di ricambio cellulare o turnover: circa lo 0,5% del calcio viene rimosso quotidianamente e riapposto, grazie all’incessante lavoro di cellule osteoclastiche e osteoblastiche, le prime deputate alla rimozione, le seconde alla deposizione del calcio. Nel bambino il turnover completo avviene in 1 anno, nell’adulto invece in 6 anni ed è importante che il bilancio tra perdita e deposizione di calcio si mantenga in equilibrio (omeostasi). La maggior parte delle massa ossea viene accumulata fino ai 18-20 anni e raggiunge un picco massimo di massa che è geneticamente programmato e che dipende dallo stile di vita dell’individuo, successivamente sarà impossibile aumentare i depositi di calcio. Pertanto sono le prime fasi di sviluppo insieme all’adolescenza le più importanti per arrivare ad ottenere il picco massimo di massa ossea, tramite un’adeguata alimentazione e un corretto stile di vita che non prescinde da una regolare attività fisica. Insufficienti assunzioni di calcio o anomalie nei processi di assorbimento/eliminazione, causerebbero un minore spessore dell’osso corticale, con trabecole meno numerose e più sottili. L’importanza di raggiungere il picco di massa ossea è maggiore soprattutto per le donne, come prevenzione di future osteoporosi postmenopausali e conseguenti fratture ossee, a partire dall’età giovanile, ma è importante assumere adeguate quantità di calcio anche nella fase premestruale e nei successivi 8-10 anni postmenopausali, quando la perdita di calcio subisce un’accelerata per poi tornare nei valori fisiologici. Tra i 30 e i 50 anni avviene il rimodellamento osseo, sotto l’influenza sia dell’attività fisica che del carico meccanico, mentre fattori come il fumo, alcuni farmaci, l’abuso di alcool e alcune patologie possono portare ad una perdita di massa ossea, che accade fisiologicamente dopo i 40 anni, con un tasso che si aggira sui 0,2/0,5% all’anno, fino ad arrivare ad un totale del 15% di perdita rispetto al peso della massa ossea posseduta prima della menopausa, e che interessa tanto la componente proteica che quella minerale dell’osso. Se l’alimentazione è adeguata, non solo per l’apporto di calcio, si raggiunge nel tempo un nuovo equilibrio. Per quanto riguarda la popolazione appartenente alla terza età, si rischia di avere una ridotta assunzione di calcio a causa di modificazioni dell’alimentazione, insieme a possibili patologie concomitanti, all’assunzione di farmaci, al ridotto assorbimento intestinale e alla possibile carenza di vitamina D. Il test diagnostico per eccellenza dell’osteoporosi, cioè di una diminuita densità ossea inferiore a più di 2,5 DS rispetto ad un adulto, è la densitometria ossea o MOC. Nell’osteoporosi la rarefazione dell’osso può determinare fratture, con un’incidenza e una gravità superiore nelle donne (circa il 23 % dopo i 40 anni) rispetto agli uomini (14 % dopo i 60 anni). Ma fare prevenzione è possibile attraverso uno stile di vita corretto e adeguate assunzioni di calcio dall’alimentazione, che devono soddisfare le richieste quotidiane del minerale soprattutto in fasi della vita particolari quali la crescita e lo sviluppo, durante eventuali condizioni fisiologiche come gravidanza, allattamento, menopausa e terza età, o in caso di condizioni patologiche (assunzione di particolari farmaci ed eventuali patologie concomitanti).

Tuttavia dobbiamo comprendere i processi di assorbimento e di eliminazione del calcio, con tutti i possibili fattori che possono influenzarli, per avere una visione più ampia di come adottare uno stile di vita che prevenga l’osteoporosi. Non basta integrare il proprio regime alimentare con alimenti ricchi di calcio, bisogna adottare anche alcuni accorgimenti per assimilare meglio questo fondamentale micronutriente ed evitare gli errori che ne provocano la dispersione.

IL METABOLISMO DEL CALCIO

Il metabolismo del calcio, ma anche del fosforo, è legato a diversi processi interconnessi tra loro, quali l’assorbimento intestinale, l’eliminazione e il riassorbimento renale, la mobilizzazione e la deposizione dal tessuto osseo; tutti questi processi sono regolati da tre ormoni principali: il paratormone o PTH, dalla calcitonina o CT e dalla vitamina D. In caso di riduzione della calcemia, il PTH determina una maggiore mobilizzazione del calcio dalle ossa e una diminuzione della CT, un aumento del riassorbimento renale, dell’assorbimento  intestinale e dell’idrossilazione della 25-OH D3. In caso di aumentata calcemia accadono invece i processi opposti. Altri ormoni possono influenzare il metabolismo del calcio e del fosforo, e quindi l’omeostasi dell’osso. La carenza di estrogeni causa una diminuzione della massa ossea, come nella menopausa e nell’allattamento, o in seguito all’assunzione prolungata di alcuni farmaci antiestrogenici. Un eccesso di cortisolo, come nel morbo di Cushing, o in terapie con corticosteroidi, riduce l’assorbimento intestinale del calcio e inibisce l’attività osteoblastica con effetto litico sulla matrice proteica ossea. Gli ormoni tiroidei in eccesso stimolano l’attività osteoclastica e una riduzione della massa ossea. Inoltre, tra i fattori che aumentano il riassorbimento osseo ci sono alcune molecole infiammatorio o citochine come l’IL 6-1, il TNF e l’EGF; tra i fattori che aumentano la formazione ossea ci sono l’IGF 1 e 2, il TGF b, mentre le PGE e l’IL 4 hanno funzione bimodale, considerando che i livelli di PGE sono influenzati dall’apporto lipidico dietetico e dal rapporto tra gli omega 3/6 e grassi saturi. 

ASSORBIMENTO DEL CALCIO

Il calcio assunto con l’alimentazione viene assorbito secondo un meccanismo di trasporto attivo a livello intestinale nel duodeno e nella parte superiore del digiuno, favorito dall’attivazione della vitamina D per opera del PTH, che attiva la proteina legante il calcio (CaBP). Esiste anche un assorbimento paracellulare passivo secondo gradiente elettrochimico insieme ad acqua, sodio e potassio, ma questa via di assorbimento è indipendente dalla vitamina D e dall’età ed inoltre la quantità di calcio assorbita da questa via è limitata è insufficiente a soddisfare da sola i fabbisogni dell’organismo. L’assorbimento più importante è quello attivo, che per quanto detto, dipende dalla presenza della vitamina D e anche da un condizione intestinale adeguata, che non prescinde dalla composizione del microbioma. L’assorbimento netto del calcio si calcola come la quantità assunta sottratta della quota escreta dalle feci ed espressa come percentuale della quantità assunta. È maggiore nei neonati allattati al seno, 60 %, rispetto a quelli allattati artificialmente e resta al 25% nei giovani adulti, pure aumentando durante la gravidanza e l’allattamento. Con l’avanzare dell’età la percentuale di calcio assorbibile si riduce, con un declino nelle donne in postmenopausa dello 0,21% l’anno, mentre è stato dimostrato che nell’adulto, superati gli 800 mg/die di calcio assunto, ulteriori quantità di calcio vengono assorbite solo per il 15%.

ELIMINAZIONE DEL CALCIO

Le vie di eliminazione del calcio sono diverse. L’escrezione urinaria è il risultato del bilancio tra la filtrazione glomerulare (8-10 g di Ca/die nell’adulto) e riassorbimento tubulare (circa il 98% del calcio filtrato è riassorbito) che è per l’80% di tipo passivo mentre il trasporto attivo è sotto l’influenza del PTH, della CT e del 1,25(OH)2 colecalciferolo. La calciuria varia tra i 100 ai 350 mg/die in diversi individui e non è collegata tanto all’assunzione alimentare del calcio quanto piuttosto all’assunzione di proteine, sodio e potassio. Nelle nazioni industrializzate, dove la quota di calcio assunta è adeguata ma è eccessivo il consumo delle proteine, la prevalenza dell’osteoporosi non è diversa dalle nazioni in via di sviluppo. L’escrezione di calcio è aumentata anche in caso di acidità metabolica. Altra via di eliminazione del calcio è quella intestinale con le feci (100-200 mg/die) che dipende dai fattori che regolano l’assorbimento intestinale stesso. Le perdite di calcio con il sudore in soggetti adulti sani si aggirano a massimo 96 mg/die, mentre per una donna in allattamento si ha una perdita di circa 240 mg al giorno di calcio. In assenza di un’adeguata assunzione di calcio della nutrice, la calcemia viene mantenuta a spese della riserva scheletrica.

LE FONTI ALIMENTARI DEL CALCIO

L’assunzione raccomandata di calcio giornaliero dipende dalle fasce di età: in adolescenza si raccomandano 1300 mg, che scendono a 1000 mg dai 18 anni sino ai 59 anni, per poi risalire a 1200 mg oltre i 60 anni, sia nei maschi che nelle femmine, così come si raccomanda un’assunzione quotidiana di 1200 mg di calcio in donne in menopausa senza cura estrogenica e durante la gravidanza (in allattamento la raccomandazione è di 1000 mg). Ma quali sono i cibi che contengono calcio? Sicuramente il latte e i suoi derivati, quali yogurt, formaggi freschi e formaggi stagionati ne contengono la massima quantità (da 125 mg/100 ml nel latte fino a 1159 mg/100 g nel parmigiano). Tuttavia troviamo il calcio anche in altri alimenti di origine animale come ad esempio nel tuorlo dell’uovo, nel pesce (specialmente nel pesce azzurro come sarde, alici, salmone, aringhe ma anche nei polpi, nei calamari e nei gamberi) e in alimenti vegetali quali i legumi (in particolare in ceci, lenticchie, fagioli cannellini, borlotti e occhio nero e anche nel tempeh e nel tofu derivati della soia), nella frutta secca (mandorle, arachidi, pistacchi, noci, nocciole), nei semi oleosi (sesamo, chia, zucca, lino), nei cereali a chicco e in verdure come rucola, tarassaco, carciofi, cardi, indivia, cicoria, spinaci, broccoli, cavoli, broccoletti ed infine in erbe aromatiche (salvia, prezzemolo, menta, basilico). Altra principale fonte alimentare di calcio è l’acqua minerale: con acque di 150 mg/L di calcio l’assunzione di 1 litro e mezzo al giorno garantisce il suo fabbisogno giornaliero anche del 50%. Tra le bevande dobbiamo ricordare anche diverse bevande (o latti) vegetali che vedono l’aggiunta di calcio in concentrazione paragonabile al più classico latte vaccino (circa 120 mg per 100 ml).

Tuttavia non è sufficiente considerare il quantitativo di calcio degli alimenti per assicurarsi il fabbisogno quotidiano, ma bisogna fare delle considerazioni anche sulla sua biodisponibilità. I sali di calcio sono poco idrosolubili, a differenza dei sali di potassio e di sodio, ne consegue che oltre il 70% del calcio non viene assorbito e la sua biodisponibilità dipende, oltre che dalla presenza della vitamina D, anche da alcuni componenti dietetici. Vediamoli insieme:

  • Ossalati (contenuti negli spinaci, bietole, cavoli, asparagi), fitati (contenuti nella frutta secca, nei cereali integrali e nei legumi crudi) e gli acidi uronici (componenti della fibra alimentare), legandosi al calcio, formano complessi insolubili e non disponibili. La flora batterica intestinale, metabolizzando la fibra, produce nel colon un pH idoneo alla liberazione del calcio e al suo assorbimento passivo. Per cavoli e broccoli la biodisponibilita è superiore rispetto agli spinaci per un minore contenuto di ossalati. Confrontando i mg di calcio assorbiti per porzione standard di alimento, si osservano risultati uguali tra latte e yogurt e broccoli e cavolfiori, con un quantitativo superiore per i broccoletti. Questo a testimoniare che non bisogna considerare soltanto il contenuto di calcio totale dell’alimento ma anche la sua biodisponibilità come % assorbita ripesto alla porzione assunta dell’alimento stesso
  • Il rapporto di Ca/P della singola razione alimentare dovrebbe essere 2:1, la quale favorisce l’assorbimento intestinale di calcio. Alimenti ad elevato contenuto di proteine e di calcio, contengono anche quantità elevate di fosforo, tanto che la dieta occidentale tenderebbe ad avere un rapporto inferiore a 1. Il rapporto di Ca/P è nettamente a favore del fosforo in carne e pesce, uova, cereali e legumi, mentre latte, formaggi e ortaggi sono più ricchi di calcio rispetto al fosforo.
  • Un eccesso di proteine delle dieta consente l’aumentata escrezione urinaria di calcio, così come un eccesso di sodio: ogni 2,3 g di sodio l’escrezione urinaria di calcio aumenta fino a 60 mg. Riducendo l’assunzione di proteine e di sodio per una donna adulta il fabbisogno di calcio può essere ridotto a 500 mg/die, mentre se sono elevati può richiederne anche 2000. La dieta occidentale, nella quale si ha il consumo di latte e derivati, è tuttavia a rischio per un eccessivo consumo di proteine animali e di sodio.
  • Gli acidi grassi saturi formano con il calcio saponi insolubili, escreti con le feci, ma a meno che non ci sia steatorrea, gli acidi grassi saturi non influenzano di molto l’assorbimento del calcio, mentre è vero che gli acidi grassi polinsaturi e i loro derivati (AA e DHA), sono precursori di prostaglandine e leucotrieni, i quali intervengono in positivo nel metabolismo osseo. Ne sono ricchi i pesci azzurri, la frutta secca e i semi oleosi.
  • Il consumo di frutta e verdura può ridurre l’escrezione urinaria del calcio grazie alle presenza dei sali di potassio, e facilitare il riassorbimento intestinale, come è stato visto in uno studio in cui si è confrontata una dieta ricca di frutta e verdura, e povera di grassi saturi da prodotti lattiero caseari, rispetto ad una dieta occidentale; al confronto, nel primo modello dietetico è stato vista una riduzione dei markers del rimodellamento osseo.
  • Altro aspetto fondamentale per l’assorbimento adeguato del calcio è il pH gastrico, che se non adeguatamente basso, può influenzare negativamente la sua biodisponibilità, come in caso di ipocloridria dell’anziano e di assunzione di farmaci antiacidi. La solubilità dei sali di calcio aumenta in condizioni acide. Le proteine dei prodotti lattiero caseari sono in grado di mantenere il calcio in soluzione anche in caso di ipocloridria.

Il latte è stato da sempre considerato lo standard di riferimento per la biodisponibilità del calcio: per la sua composizione, per la presenza di lattosio che promuove l’assorbimento passivo del calcio, per l’assenza degli antinutrienti come i fitati, per elevato rapporto Ca/P e per il basso rapporto di aminoacidi solforati/Ca. Normalmente in una dieta equilibrata si assorbe un 40% del calcio contenuto nel latte, ma stesso valore di assorbimento è stato visto ottenibile anche assumendo acqua calciche in confronto con integratori di calcio (Ca carbonato, citrato di Ca, clorato di Ca che non dovrebbero superare i 500 mg di calcio per formulazione). In un recente studio condotto su 21 persone, si è voluto verificare un’eventuale differenza nell’assorbimento di calcio tra latte, 3 acque minerali e un integratore di calcio, tutte fonti di questo prezioso minerale. Lo studio non ha mostrato differenze nell’assorbimento tra le 5 fonti, pertanto non dobbiamo temere che non bevendo latte non avremo modo di assorbire il calcio. Basta scegliere acque a buon contenuto calcico e con 2 litri di acqua al giorno, con un residuo fisso entro i 500 mg/L, si possono arrivare ad introdurre anche circa 1000 mg di calcio, considerando che in natura ne esistono comunque altre fonti naturali come descritto finora.

dove trovo il calcio nei cibi

OSTEOPOROSI E MICROBIOMA

Il cibo che assumiamo modula il nostro microbioma intestinale, composto da trilioni di microbi che vivono nel nostro intestino, evolvendosi insieme al loro ospite e formando relazioni reciprocamente vantaggiose. La composizione microbica dell’intestino di ogni persona varia notevolmente, tuttavia si distinguono quattro classi principali di batteri: Firmicutes, Bacteroides, Proteobacteria e Actinobacteria, con Bacteroidetes e Firmicutes che comprendono oltre il 90% delle categorie filogeniche. Molti studi hanno chiarito il ruolo del microbiota intestinale nel modellare il sistema immunitario e il metabolismo dell’ospite. Diversi studi hanno mostrato che il microbiota intestinale può avere un ruolo anche nel metabolismo osseo, con un’associazione tra lo stato di disbiosi intestinale e diminuzione della densità ossea. Gli osteoclasti hanno origine dai precursori monocitici nel midollo osseo, svolgono la funzione di riassorbimento osseo e sono regolati da diverse vie tra cui calcio e vitamina D, estrogeni e infiammazione. E’ ormai risaputo che le cellule immunitarie, compresi i linfociti (T e B) e le cellule dendritiche, svolgono anch’esse un ruolo modulazione del rimodellamento osseo, attraverso la secrezione di molecole dell’infiammazione, dette citochine: alcune possono avere un effetto pro-osteoclastogenico, con conseguente perdita ossea, altre un effetto pro-osteogenico, con conseguente formazione di osso. Una condizione di infiammazione intestinale si correla ad una maggiore attività osteoclastica; molecole infiammatorie come il fattore di necrosi tumorale-α, interleuchina-1 (IL-1) e IL-6 possono svolgere un ruolo nell’attivazione dell’osteoclasto e in caso di osteoporosi. Alcuni probiotici, come il Lactobacillus reuteri, possono inibire l’attività degli osteoclasti e ridurre il livello di espressione dei fattori infiammatori, possono favorire l’assorbimento del calcio osseo e aumentare significativamente l’espressione dei marcatori osteogenici. In studi sui topi l’utilizzo del Lactobacillus reuteri ha bloccato l’osteoporosi indotta dal diabete di tipo 1 e quella post-menopausa. La colonizzazione di Firmicutes e l’aumento della biodiversità sono associati ad un aumento della risposta infiammatoria nell’intestino. Il rapporto tra Firmicutes / Bacteriodetes si correla negativamente con il volume dell’osso, mentre le Bifidobacteriaceae sono positivamente correlate al volume osseo. Sono diversi gli studi sugli animali nei quali si dimostra come l’uso di probiotici mirati possa essere un valido supporto terapeutico dell’osteoporosi, accanto al consumo di sostanze prebiotiche. La dieta può cambiare le specie batteriche intestinali che popolano un individuo: una dieta ricca di fibre (come l’inulina) e frutto-oligosaccaridi può aumentare il numero di specie Bifidobacteria grazie all’azione di prebiotici naturali come lo sono i cibi ricchi di fibre (verdure, frutta e cereali). Il meccanismo più comunemente accettato è la fermentazione microbica dei prebiotici che porta ad un aumento degli acidi grassi a catena corta (SCF) e alla diminuzione del pH, aumentando la biodisponibilità di calcio nel colon.

I microrganismi intestinali possono disturbare l’equilibrio tra formazione ossea e riassorbimento indirettamente stimolando o inibendo osteoblasti e osteoclasti. In studi effettuati sui topi, i microrganismi intestinali possono influenzare il metabolismo osseo regolando i fattori di crescita o alterando lo stato immunitario dell’osso e possono anche alterare il metabolismo della serotonina, del cortisolo e degli ormoni sessuali, influenzando così la massa ossea. I probiotici, gli antibiotici e la dieta possono modificare la composizione della flora microbica intestinale, influenzando così la salute delle ossa e potenzialmente contribuendo a trattare la malattia ossea. I futuri studi della relazione tra flora intestinale e osteoblasti, osteoclasti e cellule staminali mesenchimali del midollo osseo potrebbero fornire una base per la prevenzione e il trattamento delle malattie ossee.

CONCLUSIONI

Il calcio è noto essere un minerale importante per la salute delle ossa e dei denti; la sua assunzione adeguata è importante per ottenere un corretto sviluppo e per prevenire l’osteoporosi ed evitare le fratture ossee della terza età. Le sue funzioni tuttavia non si limitano soltanto a queste perché il calcio partecipa anche ai processi cellulari di coagulazione del sangue, è fondamentale per la contrazione muscolare, per la trasmissione degli impulsi nervosi e per la regolazione del metabolismo delle cellule. Latte e derivati sono una fonte importante di calcio, ma non sono le uniche, inoltre la quantità di calcio assorbito dagli alimenti non è proporzionale alla quantità realmente assorbita dall’organismo, in quanto il bilancio del calcio è influenzato di diversi fattori, che si ripercuotono sul suo assorbimento ed eliminazione. A complicare la situazione c’è l’importanza che mostra tutto il modello alimentare dell’individuo: accanto al consumo di fonti alimentari ricche di calcio, non si può prescindere da un modello alimentare che ne riduca l’eliminazione e ne faciliti il massimo assorbimento. Infine studi scientifici mostrano come anche il microbioma giochi un ruolo non secondario nella regolazione del metabolismo del calcio, e sappiamo bene come la dieta sia un importante fattore di modifica del microbioma intestinale, grazie all’azione di cibi ad azione prebiotica.

Riassumiamo quanto detto elencando le caratteristiche principali che dovrebbe avere una dieta che prevenga l’osteoporosi:

  • Evitare l’assunzione di alimenti ricchi di calcio insieme ad alimenti ricchi di ossalati come ad esempio la combinazione di porzioni di formaggio con spinaci, rape, legumi, pomodori, uva, caffè, tè per non ostacolarne l’assorbimento.
  • Ridurre l’uso del sale da cucina e di cibi ricchi di sodio (insaccati, dadi da brodo, alimenti in scatola o in salamoia) perché il sodio in eccesso fa aumentare la perdita di calcio con l’urina. Ricordiamoci che i formaggi stagionati hanno un più alto contenuto di sale.
  • Evitare di consumare un’elevata quantità di proteine perché queste facilitano l’eliminazione di calcio con le urine.
  • Consumare alimenti vegetali ricchi di potassio, come frutta e verdura, che contrastano l’azione del sodio e facilitano la biodisponibilità del calcio.
  • Consumare cibi contenenti fibra (legumi, frutta, cereali, verdure) che sono in grado di svolgere un’azione prebiotica sul microbioma intestinale, senza  tuttavia eccedere nelle quantità.
  • Limitare l’assunzione degli alcolici perché diminuiscono l’assorbimento di calcio e riducono l’attività delle cellule che costruiscono l’osso.
  • Bere ogni giorno almeno 1,5 litri di acqua, meglio se ricca di calcio.
  • In alternativa al consumo di latte vaccino si possono consumare bevande vegetali addizionate di calcio.
  • Consumare ogni giorno uno spuntino ricco di calcio: uno yogurt naturale, un frullato di frutta e latte vaccino/vegetale, frutta secca, semi oleosi, creme da frutta secca o da semi (crema di sesamo, crema di mandorle…)
  • Consumare 1 porzione di formaggio fresco alla settimana o stagionato o alternative vegetali come tempeh o tofu.
  • Consumare pesci ricchi di calcio 3 volte alla settimana (alici, calamari, polpi, crostacei o molluschi ecc.)

FONTI

Alimentazione e nutrizione umana – Capitolo minerali macro- A.M Costantini, C. Cannella, G.Tomassi (Il pensiero scientifico editore)

Tabelle LARN 2014 

Aiuta le tue ossa! A tavola, con attività fisica e sole. Osteoporosi e stili di vita – opuscolo Ministero della Salute –

Calcium Bioavailability from Mineral Waters with Different Mineralization in Comparison to Milk and a Supplement.  2017 Jul;36(5):386-390

Microbial osteoporosis: The interplay between the gut microbiota and bones via host metabolism and immunity.  2019 Apr 18

Linkage of microbiota and osteoporosis: A mini literature review.  2019 Mar 18;10(3):123-127

The impact of the intestinal microbiome on bone health.  2018 Aug;7(3):148-155