Sebbene i batteri siano comunemente ancora oggi considerati causa di malattie, il premio Nobel Elie Metchnikoff aveva teorizzato i benefici dei batteri acido-lattici già nel 1910, dopo aver isolato in Bulgaria il Lactobacillus bulgaricus in prodotti a base di latte fermentato. Egli fu il primo ad associare con elevata probabilità la longevità della popolazione bulgara con il consumo del latte fermentato, noto con il nome di Kefir. A distanza di un secolo abbondante oggi è scientificamente noto che non tutti i batteri sono causa di malattia e che l’insieme della popolazione batterica intestinale, detta microbiota, può modulare le funzioni metaboliche ed immunologiche del nostro corpo, influenzando ad esempio il metabolismo dei carboidrati, dei lipidi, il glicogeno epatico e l’accumulo di grasso nel fegato, la motilità intestinale e l’appetito. Una dieta sana integrata con alimenti funzionali, promuove la salute intestinale, in quanto può riequilibrare un eventuale stato di alterazione della popolazione microbica intestinale, meglio noto come disbiosi intestinale, la quale può portare allo sviluppo di diverse malattie intestinali e non solo. Il consumo di cibi fermentati, quali kefir e verdure fermentate, possono portare ulteriori benefici sull’intestino comportandosi come sostanze prebitiche e probiotiche in aggiunta alla nostra abituale dieta.
IL MICROBIOTA INTESTINALE
Da un punto di vista anatomico l’apparato intestinale è formato da un lungo tubo che parte dalla bocca per terminare all’ano, rivestito da uno strato di cellule che fanno in modo di separare l’ambiente esterno dall’interno del corpo, e che sono deputate a digerire e assorbire acqua e nutrienti, oltre che a fungere da barriera protettiva tra le sostanze e i microrganismi tossici per l’organismo, che pertanto verranno espulsi con le feci. Vi avevo parlato in questo mio precedente articolo di come fosse importante mantenere una sana e regolare attività intestinale evitando una condizione di stitichezza. All’interno di questo tubo digerente, nel lume intestinale, vivono dei microrganismi in simbiosi mutalistica con il nostro organismo, quali batteri, virus e funghi, che prendono il nome di microbiota intestinale. I batteri ne rappresentano la maggior parte e costituiscono il 60% del peso delle feci. La colonizzazione intestinale inizia a partire dalla nascita, in primis con il passaggio del feto nel canale vaginale durante il parto e poi con l’allattamento al seno. In entrambi i casi è la mamma che dona il primo corredo batterico al piccolo. Successivamente tale corredo verrà arricchito dai contatti con l’ambiente esterno, con gli animali, con gli altri esseri umani e dal cibo e dall’acqua assunti: l’ambiente non è sterile e noi abbiamo bisogno di venire a contatto con le diversità di microrganismi che lo popolano perché da lì moduleremo tutto il nostro sistema immunitario. Ogni periodo della vita di un essere umano ha il suo corredo specifico di microbiota, che non è pertanto immutevole ma, affinché si mantenga in uno stato di equilibrio o meglio di eubiosi, è necessario che il nostro corredo batterico sia stabile, ricco e vario nella tipologia di ceppi che lo compongono. Durante la vita infatti sono diversi i fattori che possono alterarlo causando disbiosi: i modelli dietetici delle nostre scelte alimentari, i farmaci assunti, gli inquinanti, i fattori di stress e i contatti che abbiamo appunto con il mondo esterno. Ognuno di noi possiede la propria comunità di batteri intestinali, come una sorta di impronta digitale, capace di adattarsi ai cambiamenti ambientali e sopratutto alimentari. La modificazione del nostro abituale piano alimentare è il primo strumento di modulazione della flora batterica intestinale. Invecchiando si va verso una perdita della diversità di specie batteriche insieme ad una maggiore predisposizione alle infezioni. Il benessere di un organismo non può prescindere dal benessere del suo microbiota. I batteri che colonizzano il nostro intestino sono in grado di produrre molte sostanze che riversano nel nostro sangue, ci aiutano a trarre il massimo di energia e nutrienti dagli alimenti che mangiamo e possono essere i responsabili di disordini intestinali come gonfiore, intolleranze e malassorbimenti se viene a mancare l’equilibrio e la salute dell’intestino, quindi in seguito all’instaurarsi della disbiosi intestinale. I batteri più abbondanti sono i Firmicutes e i Bacteroides, insieme ad altre specie batteriche che svolgono per l’intestino importanti funzioni. Vi è una crescente quantità di prove che i meccanismi alla base degli effetti dei probiotici sull’intestino ospite includono la produzione di sostanze antimicrobiche (ad esempio, batteriocine, microcine, defensine, acidi grassi liberi e perossido di idrogeno), competizione per l’adesione all’epitelio e per i nutrienti, azioni immunomodulanti e inibizione della produzione di tossine batteriche. Sebbene l’esistenza del microbiota sia nota da più di settant’anni, solo negli ultimi anni si è potuto approfondire il suo ruolo in campo scientifico. In particolare sempre nuovi studi si soffermano a dimostrare che le funzioni del microbiota non si limitano soltanto a livello intestinale ma possono influenzare altri organi come ad esempio il cervello, influenzando il nostro comportamento emotivo e di contribuire ad una eventuale comparsa di disturbi neurologici e/o psichiatrici. Tutti questi meccanismi sono attualmente caratterizzati ed esplorati come strumenti importanti per alleviare la progressione dei disturbi del microbiota intestinale e la disfunzione degli organi nel corpo. Alla luce di quanto detto non si può non fare attenzione a cosa ingeriamo quotidianamente in termini di qualità di cibo ma, come vedremo, anche di quantità.
MANTENERE IN SALUTE IL MICROBIOTA INTESTINALE
Il cibo che assumiamo è sicuramente tra i principali responsabili della modulazione del microbiota fin dalla nascita: sono gli zuccheri del latte materno che contribuiscono all’iniziale maturazione della popolazione microbica intestinale, che si arricchirà in seguito all’assunzione dei cibi solidi nello svezzamento. Ad esempio un piano alimentare che veda la presenza cospicua di prodotti di origine animale porterà all’aumento della specie dei Bacteroides e una diminuzione dei Firmicutes, così come una dieta ricca di zuccheri, la quale può portare inoltre anche alla iperproliferazione del lievito Candida albicans. I Firmicutes sono specie batteriche coinvolte nel metabolismo dei polisaccaridi derivati da vegetali come cereali non raffinati e verdure, meglio note come fibre. Più una dieta sarà ricca di fibre, più si assumeranno polisaccaridi non digeriti dal nostro corredo enzimatico, come amido e cellulosa, i quali saranno degradati dalle popolazioni batteriche presenti nel colon, formando zuccheri semplici o monosaccaridi, fermentabili da altri batteri che producono acidi grassi a catena corta o SCFA, assorbibili finalmente nel nostro intestino. Tale processo di scomposizione e fermentazione dei carboidrati complessi delle fibre in SCFA è fondamentale per il nostro corpo per attuare la difesa da microrganismi patogeni come il Clostridium difficile e la Salmonella enterica. Si comprende come una dieta povera di fibre, quindi con una rappresentanza inferiore di Firmicutes, si possa associare allo sviluppo di malattie intestinali infiammatorie. Non è tuttavia sufficiente modificare la nostra dieta per qualche giorno soltanto, ma il nostro modello alimentare poco sano dovrà cambiare in modo costante e duraturo. Il nostro microbiota è influenzato dalla qualità del cibo (l’assunzione di inulina e oligofruttosio da legumi, frutta, vegetali e cereali promuovono la crescita di Lattobacilli e Bifidobatteri) e dalla quantità (la restrizione calorica sembra far aumentare la specie Bacteroides).
Il consumo di cibi fermentati può favorire un arricchimento sia in termini di variabilità che di crescita di alcune specie batteriche rispetto alle altre. La fermentazione dei cibi in epoche passate serviva per conservare meglio i cibi freschi e per fermentazione si intende un processo biologico spontaneo e naturale attraverso il quale i batteri e lieviti producono gas, acidi o alcool attraverso la metabolizzazione dei carboidrati contenuti nei cibi. E’ grazie allo sviluppo dei microrganismi nei cibi fermentati e al loro consumo, che si può ottenere un arricchimento della flora batterica intestinale prevenendo e correggendo eventuali condizioni di disbiosi intestinale. E in tali cibi non troviamo soltanto batteri, ma anche lieviti, che abbiamo visto far parte insieme ai virus, del microbiota intestinale, seppure in piccola percentuale. Tra i cibi di uso più comune ottenuti mediante processo di fermentazione abbiamo il kefir, ottenuto dalla fermentazione del latte o di una bevanda a base di acqua, e le verdure fermentate. Per un approfondimento ulteriore sui cibi fermentati vi invito a leggere questi 2 miei articoli: I benefici del consumo delle verdure fermentate, dove trovate anche una ricetta su come produrre in casa verdure fermentate, e Il Kefir: come produrlo e perché consumarlo, per familiarizzare con la conoscenza e la produzione del latte fermentato, che ha permesso al premio Nobel Elie Metchnikoff, di confermare la sua teoria sull’esistenza di lattobacilli in tale bevanda. Ma nel tempo si è potuto appurare che il kefir contiene diversi batteri e lieviti, pertanto la sua maggiore variabilità come specie di microrganismi presenti gli da un vantaggio nutrizionale per quello che riguarda la salute dell’intestino rispetto allo yogurt, il quale contiene solo 2 tipi di batteri come vi avevo spiegato in questo mio precedente articolo.
FONTI:
– L’intestino in testa – A. Moschetta
– Microbioma, intestino e salute – F.Piccini