I pazienti con diabete di tipo 2 (DT2) devono prestare particolare attenzione agli alimenti ricchi di carboidrati inclusi in ogni pasto, per evitare rapidi cambiamenti nella glicemia, pertanto le strategie dietetiche sono fondamentali per prevenire e trattare la progressione della patologia,
Secondo l’American Diabetes Association, l’importo totale di carboidrati in un pasto è il determinante più importante della risposta glicemica postprandiale. Tra i parametri più usati per valutare l’impatto glicemico del pasto abbiamo l’indice glicemico (GI), che calcola di quanto un cibo o una bevanda, contenente carboidrati, aumenta i livelli di glucosio nel sangue rispetto all’effetto causato dal consumo della stessa quantità di glucosio o pane bianco. Poi abbiamo il carico glicemico (GL), il quale si riferisce all’effetto iperglicemico di un cibo in base alla quantità di carboidrati contenuti nella porzione ingerita. Tuttavia sia GI che GL hanno delle grosse limitazioni, poiché va considerata anche la variabilità individuale nella risposta glicemica (GR) a parità di pasto consumato; inoltre ci sono fattori influenti anche relativi ai metodi di cottura, alla processazione dei cibi, all’ordine del loro consumo e alla combinazione dei nutrienti nel singolo pasto. Pertanto un paziente affetto da diabete di tipo 2 non può ignorare tutti questi fattori che impattano sulla risposta glicemica postprandiale, in quanto acquisendo specifiche conoscenze dietetiche e di strategie di cottura e consumo, si possono ottenere miglioramenti sui cambiamenti della glicemia. Vediamoli insieme nel dettaglio:
COME COMBINARE I CIBI RICCHI DI CARBOIDRATI
E’ nota quanto la risposta glicemica di un alimento possa essere influenzata dalla contemporanea assunzione di altri alimenti con diverso profilo nutrizionale: in particolar modo la combinazione di alimenti ricchi di fibre, grassi e/o proteine, o l’aggiunta di aceto ai cibi ricchi di carboidrati, ritarda lo svuotamento gastrico, di conseguenza l’assorbimento a livello intestinale ed infine una risposta glicemica più bassa. Ma vediamo più nel dettaglio i diversi tipi di cibi coinvolti:
- La fibra alimentare è un tipo di carboidrato di origine vegetale presente in frutta, verdura, legumi, semi, noci e cereali integrali ed è resistente all’azione degli enzimi digestivi, quindi senza influenza diretta sulla risposta glicemica. Una volta raggiunto l’intestino, i batteri intestinali metabolizzano la fibra producendo acidi grassi a catena corta (butirrato, propionato e acetato) benefici per il nostro organismo. Il maggior contenuto di fibre di un pasto può aiutare pertanto ad abbassare l’IG di un alimento: ad esempio il consumo di un frutto intero rispetto al succo (con o senza polpa), ha mostrato un minore impatto sulla risposta glicemica; studi su persone con T2D, confrontando gli effetti sulla glicemia del consumo della stessa quantità di carboidrati sotto forma di riso bianco o sotto forma di riso bianco mescolato con fagioli o ceci (alimenti ricchi di fibre), hanno mostrato come la combinazione di riso con fagioli o ceci attenua la risposta glicemica rispetto al solo riso.
- L’aggiunta di cibi ricchi di grassi ai piatti causa un rallentamento dello svuotamento gastrico, riducendo la digestione dei carboidrati nell’intestino e quindi la risposta glicemica. Secondo alcuni studi effettuati su persone con diabete di tipo 2, l’aggiunta di grassi è correlata a una maggiore stabilità dei livelli di glucosio nel sangue e una riduzione della risposta glicemica. Nella pratica questo risultato si ottiene aggiungendo alle pietanze olio extravergine d’oliva, pesce azzurro, frutta secca e semi.
- Per quanto riguarda le proteine, oltre a ritardare lo svuotamento gastrico, rallentando l’assorbimento e riducendo la risposta glicemica, interagiscono con i granuli di amido presenti nei cibi amidacei, limitando l’accessibilità degli enzimi e ostacolando la digestione e il successivo assorbimento; inoltre le proteine aumentano la secrezione di insulina. Nelle persone con diabete una colazione ad alto contenuto proteico (30 g di proteine) abbassa i livelli di glucosio 180 minuti dopo aver mangiato (124 ± 3 mg/dl) rispetto ad una colazione povera di proteine (10 e 20 g di proteine; 143 3 mg/dl e 125 3 ± mg/dl, rispettivamente) e generalmente migliora il controllo della glicemia durante tutta la giornata. Inoltre uno studio ha confrontato la risposta glicemica della stessa quantità di riso consumato da solo o in combinazione con 25 g di proteine da diverse fonti proteiche come soia, pollo, pesce e uova, sia in partecipanti sani che in persone con diabete. Tra le diverse fonti proteiche si è notato come la soia fosse la fonte proteica che ha ridotto maggiormente la risposta glicemica, seguita da pollo, pesce e uova.
- In alcuni studi è stato visto come l’aggiunta di acido acetico alle pietanze ne favorisca la diminuzione della risposta glicemica, in particolare un 20 g di aceto (18 mmol di acido acetico) abbassa l’indice glicemico del 35% in cibi che lo hanno elevato come nel caso del pane bianco. Tra i meccanismi d’azione plausibili (ancora da confermare) attraverso i quali l’acido acetico può migliorare la glicemia, ci sarebbero l’inibizione dell’a-amilasi, l’aumento dell’assorbimento del glucosio e la mediazione da parte dei fattori di trascrizione. Pertanto la fermentazione, la lavorazione degli alimenti con l’aggiunta di aceto o cibi in salamoia, potrebbero essere raccomandati alle persone con diabete di tipo 2, sebbene siano ancora necessari ulteriori studi per valutare l’ottimale quantità da aggiungere agli alimenti ricchi di carboidrati.
PREPARAZIONE E PROCESSAZIONE DEI CIBI
Fattori come la maturazione, la processazione, la modalità di cottura e la conservazione hanno un notevole impatto sulla risposta glicemica post prandiale, pertanto è importante conoscere questi fattori che possono influenzare sia la dimensione delle particelle di amido che la loro digestione e il loro assorbimento.
- Maturazione: durante il processo di maturazione, i frutti subiscono una serie di alterazioni organolettiche e fisiche e anche il loro profilo nutrizionale può variare: in quelli che dopo essere stati raccolti continua il processo di maturazione (banane, mele, pere, kiwi, pesche, melone, prugna o fico), l’amido viene convertito in zuccheri semplici (fruttosio e glucosio), aumentando così il loro IG. E’ interessante tener conto del grado di maturazione di frutti ricchi di amido, optando per quelli meno maturi che hanno un maggior contenuto di fibra e amido resistente, anche se la maggior parte degli studi sono stati condotti sulle banane (le mature hanno un contenuto maggiore di zuccheri liberi rispetto alle verdi che hanno più amido).
- Processazione: diversi studi mostrano l’importanza di mantenere la struttura dei cibi integra, visto che la masticazione e la triturazione rendono più veloce il processo di digestione, di assorbimento e quindi causano una maggiore risposta glicemica. Ad esempio la farina ha un più alto GI rispetto alla versione intera del chicco, ed è per questo che è preferibile il consumo di cereali integrali a chicco rispetto ai prodotti farinacei. Ma in genere qualsiasi tecnica di processasione del cibo che ne altera l’integrità, ne rompe la matrice originale, esponendola ad una digestione più rapida rispetto alla fisiologica masticazione buccale.
- Cottura: metodo e tempo di cottura degli alimenti influenzano la risposta glicemica. La cottura in particolare destabilizza i granuli di amido permettendo alle catene di glucosio di formare un gel (gelatinizzazione), rendendo quindi la digestione, e il successivo assorbimento, più facili. Tuttavia diverse tecniche di cottura danno diversi risultati: ad esempio confrontando l’amido resistente generato durante diverse tecniche di cottura di spaghetti di riso (bollitura, vapore, microonde, rosolatura e frittura), è stato osservato che con la cottura a microonde si è ottenuto il più alto contenuto di amido resistente (0,99 g/100 g), rispetto al resto dei metodi di cottura analizzati. Recenti studi dimostrano che la cottura dei cibi per un tempo più lungo aumenta la risposta glicemica perché si favorire la digestione rispetto ai tempi di cottura brevi, come per la pasta cotta al dente. Infine anche il rapporto liquido:cibo amidaceo influenza la risposta glicemica: un rapporto di 2:1 è da preferire rispetto al 4:1 e al 3:1. In sintesi è consigliabile effettuare cotture più brevi (al dente) e ridurre la quantità di acqua di cottura, per aumentare la concentrazione di amido resistente e quindi diminuire la risposta glicemica.
- Conservazione: un altro fattore chiave nella generazione di amido resistente è la conservazione di alimenti ricchi di amidi. Gli alimenti contenenti amido resistente (RS) hanno generalmente una risposta glicemica inferiore poiché questo non viene digerito nell’intestino tenue, raggiungendo l’intestino crasso dove viene fermentato dai batteri intestinali. In base alla loro struttura si distinguono diversi tipi di amidi, la quale determinerà la risposta alla digestione: l’amido di tipo 1 (RS1) è quello che è fisicamente inaccessibile perché ricoperto da una matrice alimentare, rendendo difficile l’interazione con gli enzimi digestivi. Indipendentemente dalla matrice, alcuni granuli di amido sembrano essere naturalmente resistenti alla digestione e li chiamiamo di tipo 2 (RS2). Se dopo la cottura un cibo amidaceo viene lasciato raffreddare (retrogradazione), i granuli di amido si restringono a causa della perdita di acqua e le particelle si riorganizzano in una struttura cristallina, nota come amido resistente di tipo 3 (RS3), che offre una digestione molto più complessa, rimanendo intatto in tutto il tratto intestinale, agendo come un prebiotico. Infine abbiamo gli amidi che sono stati modificati chimicamente e li chiamiamo di tipo 4 (RS4). In uno studio è stato testato il contenuto di amido resistente in patate dopo cottura a 65° C (0,64 g/100 g), refrigerate a 4° C per 24 h (1,30 g/100 g) e refrigerate ma successivamente riscaldate (1,65 g/100 g). Le patate che hanno mostrato un contenuto più elevato di amido resistente erano quelle cotte e riscaldate dopo 24 h di refrigerazione. L’amido resistente ritorna nella sua struttura non resistente soltanto quando viene riscaldato a temperature superiori ai 130° C. Un altro studio ha valutato l’impatto del congelamento e della tostatura del pane sulla risposta glicemica, e ha dedotto che entrambe le tecniche hanno modificato la GR del pane, ma il pane congelato, scongelato e poi nuovamente tostato mostrava una GR inferiore (2.827,57 mg min/dl) rispetto al pane congelato, scongelato e direttamente tostato o fresco (3.223,79, 3.475,93 e 4.664,59 mg min/dl, rispettivamente).
L’ORDINE DI CONSUMO
Vari studi scientifici hanno dimostrato che il consumare proteine, grassi e fibre dalle verdure prima di consumare l’amido degli alimenti, porta ad una riduzione della glicemia postprandiale fino al 73% e di livelli di insulina circolante del 48%, rispetto ad un consumo classico che vede prima i cibi amidacei e successivamente il resto. Pertanto modificare l’ordine del consumo di cibo è stata proposta come nuova strategia per la prevenzione e la gestione dell’iperglicemia postprandiale. Valutando in soggetti sani l’ordine di consumo degli alimenti, è stato osservato che coloro che consumavano riso alla fine del pasto non presentavano un picco glicemico fino a 90 minuti, rispetto all’aumento osservato a 30 minuti in quelli che hanno iniziato a mangiare riso seguito da verdure e carne, oppure in coloro che per primi consumarono verdure seguite da riso e carne. La figura sottostante mostra come a seconda dell’ordine nel consumare amidi, proteine e fibre, la risposta glicemica cambi in termini di AUC (un cerchio maggiore corrisponde ad un maggiore incremento della glicemia).
Concludo l’articolo con l’immagine sottostante che riassume tutti i fattori finora descritti, che possono agire sul controllo glicemico in pazienti con diabete di tipo 2, ma che possono interessare tutta la popolazione come strategia preventiva, soprattutto per chi soffre di insulino-resistenza, nota condizione clinica pre-diabetica.
2 Commenti
Buongiorno, ho la glicemia da tenere sotto controllo, mentre la glicata va bene, non prendo medicine, curandomi solamente con la dieta e il movimento.
Vorrei sapere se ha delle ricette che abbassano l’indice glicemico per il mio caso che vadano bene anche a tutta la famiglia?
In linea di massima le ricette che carico hanno sempre l’indicazione approssimativa del conteggio dei carboidrati per porzione, quindi può controllate li nelle ricette che più le piacciono. Consideri che trova anche il tag di “basso indice glicemico”